Il capitale naturale: la conservazione necessaria alla vita. Di Arturo Gulinelli
Intanto è necessario precisare cosa si intende per capitale naturale: il capitale naturale può essere definito come l'insieme delle risorse naturali presenti a livello globale, tra cui il suolo, l'aria, l'acqua e tutti gli esseri viventi. La biosfera è un altro elemento da definire: la biosfera è l'insieme degli ecosistemi che permettono lo sviluppo della vita sulla terra ed include la parte esterna della litosfera, il suolo e parte del sottosuolo, l'idrosfera cioè le acque marine e fluviali e i primi strati dell'atmosfera, fino a un'altitudine di circa 10 km.
È da questo capitale naturale che gli esseri umani ricavano un'ampia gamma di servizi e beni che rendono possibile la vita.
I beni e i servizi che gli ecosistemi ci forniscono e che sono più evidenti includono il cibo che mangiamo, l'acqua che beviamo, i materiali vegetali che utilizziamo come combustibili, i materiali prodotti dalla lavorazione dei combustibili (la plastica), i materiali da costruzione, i medicinali, i minerali che sono nei nostri telefonini e che troviamo anche nei computer, nelle auto etc etc.
Di fatto non ci sono beni che non vengono dalla natura, la chimica sintetizza molecole ma per funzionare ha bisogno di ricerca e di acqua, di energia e di altre risorse naturali. Nulla funziona senza il contributo rilevante della natura.
Ci sono anche molti servizi che gli ecosistemi forniscono e che sono meno visibili come la regolazione del clima e le difese naturali dalle inondazioni fornite dalle foreste, i miliardi di tonnellate di carbonio immagazzinate dalle torbiere o l'impollinazione delle colture da parte degli insetti. Ancora meno visibili sono i servizi ecosistemici culturali come la possibilità di vivere e godere della natura e dall'ambiente naturale in genere.
Perché è così importante il capitale naturale? Perché, se vengono estratte troppe riserve dall'ambiente in qualche modo accumuliamo un "debito" che deve essere "restituito", come? Ad esempio, ripiantando alberi per conservare le foreste disboscate o consentendo alle falde acquifere di rigenerarsi dopo che è stata estratta l'acqua, o dopo che sono state inquinate. Se si continua ad attingere dalle riserve del capitale naturale senza consentire o incoraggiare la natura a rigenerarsi si corre il rischio di un collasso dell'ecosistema globale.
Un capitale naturale deteriorato comporta non solo una responsabilità ecologica, ma anche una responsabilità sociale ed economica. Lavorare contro la natura sfruttando eccessivamente le risorse naturali può essere dannoso se non addirittura catastrofico, nel lungo periodo, e non solo in termini di perdita di biodiversità, ma anche in ambito sociale ed economico questo perché la produttività e la resilienza dell'ecosistema diminuiscono nel tempo rendendo ampie regioni del nostro pianeta fragili ed esposte all'inquinamento o alle inondazioni e alla siccità. In sostanza, uno stress eccessivo degli ecosistemi porterà alla riduzione delle risorse e la scarsità delle risorse ai conflitti per appropriarsene e alle migrazioni di massa.
La letteratura economica da tempo si è occupata di misurare il capitale naturale e di valutarne lo stato di salute. Un interessante articolo dal titolo "Inclusive wealth in the twenty-first century: a summary and further discussion of Inclusive Wealth Report 2018" (pubblicato nel magio 2019 a cura di: Rintaro Yamaguchi, Moinul Islam e Shunsuke Managi) affronta l'argomento in modo estremamente interessante.
Gli autori si occupano di valutare e misurare lo sviluppo sostenibile delle nazioni in base al benessere sociale e al suo declino o alla sua crescita. Gli elementi determinanti del benessere sociale sono stati misurati e utilizzati per l'analisi della sostenibilità e in particolare sono: la ricchezza inclusiva pro capite, che comprende il capitale prodotto, il capitale umano e il capitale naturale.
Tra le tante alternative al prodotto interno lordo (PIL) nel tempo si è sviluppato un approccio basato sugli elementi determinanti che misurano il benessere sociale in termini di beni capitali. Verso la fine del secolo, è stato formalmente dimostrato che il segno del cambiamento nei beni capitali, è equivalente alla direzione del benessere sociale intergenerazionale, sia nelle economie ottimali che in quelle imperfette (Hamilton e Clemens 1999; Dasgupta e Mäler 2000).
Lo sviluppo è ritenuto sostenibile in un dato momento se e solo se il cambiamento aggregato nel valore dei beni capitali prodotti, umani e naturali, aumenta in base ai loro prezzi ombra (il prezzo che riflette il valore sociale di un bene o servizio). L'analisi di fondo di questi studi tende a dimostrare che lo sviluppo è sostenibile solo se il benessere sociale inclusivo, ad un dato tempo, non è in declino
La misura del benessere sociale è stata riportata per la prima volta nell'Inclusive Wealth Report nel 2012, mentre nell'articolo citato gli economisti espongono gli aggiornamenti a tutto il 2014. Lo studio copre 140 paesi e i dati osservati riguardano il periodo che va dal 1990 al 2014. In termini pro capite, solo il 60% dei 140 paesi mostra una ricchezza inclusiva (misura del benessere sociale) che non è in declino nell'ultimo quarto di secolo. La maggior parte dei paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo mostrano una riduzione del capitale naturale, mentre al contrario il capitale prodotto e il capitale umano sono in aumento.
Nel capitale naturale è incluso anche lo stock ittico, le risorse naturali del mare (pesci e fauna ittica), e il report denuncia che solo pochi paesi hanno aumentato il loro capitale ittico nel periodo studiato, la gran parte dei paesi lo ha deteriorato. Nel report degli autori le risorse ittiche sono incluse nel capitale naturale. Il loro calcolo mostra che in tutto il mondo il valore delle riserve ittiche è diminuito da 2.325 miliardi di dollari a 1.713 miliardi di dollari. È sconfortante osservare che tra i paesi che disponevano di una grande quantità di riserve ittiche, solo il Canada e la Spagna hanno aumentato il loro livello nel periodo osservato che va dal 1990 al 2014.
La ricchezza inclusiva è in genere cresciuta molto meno del PIL pro capite. Il capitale umano e il capitale prodotto, entrambi misurati a livello aggregato globale e a valore pro-capite, sono aumentati rispettivamente del 94% e del 28%, mentre il capitale naturale pro-capite è diminuito del 34%.
La figura che precede è abbastanza esplicativa. Il capitale pro-capite naturale, la linea verde, è l'unico valore che è diminuito nel periodo in esame, mentre il capitale prodotto e il capitale umano sono cresciuti.
La crescita più grande l'ha fatta registrare il capitale prodotto (infrastrutture, beni capitali, impianti etc); ma a quale costo e con quali conseguenze? Con una evidente riduzione delle risorse naturali.
Cosa possiamo dedurre dalle considerazioni introdotte in quest'articolo? Che preservare il capitale naturale è la vera sfida che l'umanità dovrà affrontare in futuro, e non solo per questioni ambientalistiche ma per garantire la vita e lo stesso sviluppo economico.